1998 - 4
ottobre | dicembre

Lunga vigilia al faro

Numero personaggi: 0
di Franca Petracci

Personaggi

Autopresentazione

Questa pièce si presenta come una metafora, peraltro molto comprensibile, della condizione esistenziale di chi, “storpio di spirito” (immagine straordinaria di Pessoa), ha trovato “la terza via”, quella cioè di scampo del “restare”, cui si è condannati, e dal “partire”, che è poi “il vizio assurdo” di Pavese. La terza via, che offre modalità diverse di fuga, fino a quella estrema della alienazione, in questo dramma si configura come il rifugio della solitudine e dello stato naturale del vivere, nel rifiuto della società e della cultura (“non restare”, senza “partire”). Nel testo i vari elementi strutturali concorrono a dare espressione alla dimensione interiore di Kristin, la protagonista: anzitutto il faro, e quindi il paesaggio marino vuoto; Krono, presenza che non turba e che non disturba, rassicurante nella sua naturalità provvidenziale; il cane, il bambino, i cibi primitivi. Nel suo rifugio intimo, solitario ed essenziale, Kristin si nutre peraltro di due elementi vitali: l’attesa di un incontro con la madre per una pacificazione definitiva, e la collaborazione quotidiana al sostentamento di un sogno d’amore senza tempo. Da queste premesse formali e di sostanza (l’impianto metaforico e i temi del bisogno interiore e della coltivazione degli ideali) deriva “necessariamente” l’uso di un linguaggio, che non può essere sempre asciutto, come si addice al dramma verista, e neppure enfatico, ché disdice all’autenticità dell’ispirazione, ma semplicemente consono all’atmosfera dei luoghi e alla levatura dei sentimenti: una scrittura, dunque lieve, con passaggi anche lirici, che la musica impressionista di Debussy dovrebbe contribuire a rendere ancor più suggestiva. Mi sembra opportuno far notare che questo testo può essere giudicato, a mio avviso, come una forma un po’ particolare di drammaturgia, collocandosi tra narrativa e teatro ( Kristin dialoga con gli altri personaggi, ma più spesso legge il suo diario e i registri del vecchio guardiano). Questa riflessione io l’ho fatta comunque a posteriori, non avendo avuto l’intenzione di sperimentare vie nuove. Forse inconsciamente sono stata influenzata dai caratteri di scrittura del mio romanzo d’esordio, composto poco tempo prima di questo lavoro.
Franca Petracci

Scheda autore

FRANCA PETRACCI è nata e vive a Macerata dove ha esercitato la professione d’insegnante. L’attività è iniziata verso la fine degli anni Cinquanta. Fino al 1994 la sua produzione ha riguardato unicamente il Teatro: tredici lavori drammatici raccolti in un volume edito da Lalli. Nel 1994 pubblica un testo di poesie per l’infanzia, Poesia del Tempo, edito sempre da Lalli, e nell’autunno del 1996 esordisce nella narrativa con un romanzo edito da Longanesi, Lo sai che non moriremo più?. L’attività di autrice drammatica è dunque prevalente e significativa. Alla sua origine si possono individuare come fattori concomitanti la frequentazione del Teatro amatoriale e la natura creativa dell’autrice. L’opera è stata apprezzata ampiamente: i pregi letterari e la validità teatrale sono confermati da ripetuti premi e riconoscimenti ufficiali a Reggio Emilia (Opera prima), Bologna (Teatro Minimo), Fano (Premio Ruggeri assegnato per due volte), New York (Teatro Hunter), Macerata (Gruppo internazionale di Lettura per le Marche), nonché dai vari allestimenti, anche in lingua inglese, con diffusione alla TV spagnola e alla Radio svizzera. Lunga vigilia al faro, la piéce pubblicata in questo numero di Hystrio, ha avuto una segnalazione al Premio “Rosso di San Secondo” Roma, anno 1997. L’opera non è inclusa nel volume sopra citato. A proposito dell’elemento autobiografico, che è quasi sempre più o meno presente, nella scrittura della Petracci, l’autrice stessa ci ha riferito che una sua conoscente ebbe a dirle una volta riguardo la sua opera: «Tu metti tutto a frutto». La Petracci in parte ha condiviso il giudizio. Noi riteniamo che questa scrittrice abbia messo a frutto tante cose di sé e della sua vita, ma soprattutto il dolore. Il dolore per la Petracci è una straordinaria sorgente di energia creativa. Come sostiene un teosofo, purtroppo quasi sconosciuto, «ciascuno soffre diversamente secondo il suo livello: chi maledicendo, chi espiando, chi benedicendo e creando».
Premi e segnalazioni:1958 – E il telefono suonerà per Cecilia Reggio Emilia – Opera prima Rappresentato nel 1962 dal GAD “Il Caminetto” di Cagliari; 1960 – La nostra vita Bologna – Premio Teatro Minimo Rappresentato a Bologna; 1961 – Da sempre, per sempre Fano – Premio R. Ruggeri Rappresentato a Fano, Pesaro, Macerata. Rappresentato di nuovo a Macerata nel 1997 dal Gruppo Universitario Facoltà di Filosofia; 1963 – Per vivere bisogna morire Fano – Premio R. Ruggeri Rappresentato a Fano, Pesaro, Macerata; 1973 – La vita che mi devi New York – Teatro Hunter Rappresentato a New York; 1988 – La vita che mi devi Macerata – Premio Gruppo Internazionale di Lettura per le Marche; 1997 – Lunga vigilia al Faro Roma – Premio Rosso di San Secondo.

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