La sospensione degli spettacoli, con la chiusura dei teatri fino al 24 novembre lascia senza parole. La riflessione della direzione del Teatro dell’Elfo di Milano

Il Decreto della Presidenza del Consiglio del 24 ottobre impone ai teatri la sospensione degli spettacoli fino al 24 novembre. La direzione del Teatro dell’Elfo, pur comprendendo le gravi motivazioni che hanno determinato questo provvedimento, vuole ribadire che i teatri sono luoghi sicuri e necessari al ‘bene comune’.

«La decisione del governo di chiudere teatri, cinema e sale da concerto ci lascia senza parole. Dopo la costituzione di un comitato anti-covid, formato da esperti in sicurezza e medicina del lavoro, nonché da rappresentanti sindacali, che sovraintendesse alla riapertura delle nostre sale, dopo mesi spesi a investire energie economiche e organizzative per rendere il nostro teatro un luogo sicuro per gli spettatori e i lavoratori, dopo aver ripensato la regia di tutti i nostri spettacoli in modo che anche chi stava sul palcoscenico non dovesse trasgredire le regole del distanziamento fisico e potesse lavorare senza rischi, ci viene comunicato da un giorno con l’altro l’obbligo di chiudere tutto senza nessuna motivazione circa la logica che sovraintende a questa decisione, senza nessuna verifica o nessun controllo sulla correttezza delle nostre procedure.
La nostra sensazione è quella di essere trattati con un’indifferenza che ci addolora e che ci offende, un’indifferenza che getta in una situazione insostenibile migliaia di lavoratori già fortemente provati dalla precedente chiusura e ancora in attesa dei sostegni economici più volte annunciati, ma in moltissimi casi mai erogati. Il Teatro dell’Elfo, com’è sua tradizione, cercherà di fare in modo che questa situazione pesi il meno possibile sui suoi lavoratori. Stiamo studiando la possibilità di usare il tempo della chiusura per anticipare prove e attività collaterali sui progetti futuri, in modo che attori, tecnici, organizzatori non debbano affrontare una disoccupazione ormai insostenibile.
Quanto alla vendita di abbonamenti o biglietti per gli spettacoli in stagione, il danno è incalcolabile.

Ma in ogni caso vorremmo si parlasse non solo di ristori e indennizzi, ma, anche e con altrettanta convinzione, d’investimenti a favore delle realtà, come la nostra, che producono e danno lavoro ad artisti e maestranze (le categorie più penalizzate). In questo modo si investirebbe in lavoro quello che altrimenti dovrebbe essere investito in sussidi. Vi chiediamo di investire su chi ha il coraggio di farlo per il bene comune».

Ferdinando Bruni, Elio De Capitani e Fiorenzo Grassi

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